“Ci siamo 'fidanzati' nel Baladin Open Garden di Piozzo. E da lì non ci siamo più lasciati”, dichiara Matterino Musso, meglio noto come Teo. Che ha suggellato il suo “matrimonio” con Renato Bosco, il pizza chef del veronese Saporè. È nato così Baladin Milano. O meglio, è ripartita l’avventura dell’insegna di via Solferino sotto due nuove stelle: il cantastorie della fermentazione e il maestro della lievitazione. Della serie: stessa location double face, suddivisa in un su e in un giù, in un pianterreno più Liberty e in un underground più speakeasy, contaminato dall’aria dell’Est anni Cinquanta; ma una proposta tutta nuova. Con una chiara svolta gourmand. Non tradendo la doppia anima: birra oriented e pizza addicted.
Metrò(politan) style
Una carta fragrante quella proposta. Capace di esplorare i differenti impasti by Bosco. Per una trama gustosa, che segue texture variegate. Fermandosi alle diverse fermate della metropolitana di Milano. Ecco allora un vero cult di Renato: la pizza DoppioCrunch, ossia la croccantezza al quadrato. Imbottita… di stracchino e mozzarella fiordilatte, con sfoglie di zucca, crema di borlotti e verza in padella (Cadorna); di bufala campana, rucola, grana e bresaola di fassona (Moscova); e di tartare di fassona, crema di avocado e fiordilatte (Montenapoleone).
Per una pizza à la page.
Intanto, l’ariosa focaccia soffice Cairoli accoglie asiago, bacon croccante e uovo mimosa; la Zara sposa pomodoro, bufala, olio al basilico e pomodorini confit; e la Lambrate guarda il mare, fra burrata pugliese, code di gamberi, misticanza e zeste di limone. Un impasto morbidissimo e super confortevole (come un cuscino), preparato con Petra 1 e Petra 9, le farine macinate a pietra by Molino Quaglia.
Ed etereo è pure il pane al vapore. Candido e leggero. Ripieno di salsa di pomodoro e acciuga (Sant’Ambrogio); di burrata e prosciutto crudo (Garibaldi) e di crema di ricotta, salsa di pomodoro e cipolla caramellata (Porta Genova).
E se si facesse una sosta in Duomo? Si scoprirebbe un hamburger sontuoso, prezioso di carne, verdure grigliate, asiago, pomodoro cuore di bue, misticanza e maionese all’aglio. Una portata succulenta, col pane sempre messo a punto dall’artista veneto. Che sigla pure il pane in cassetta, ricco di semi e cereali (girasole, lino, miglio, sesamo, soia e segale), ideale per i toast e i club sandwich.
A completare l’offerta? Le insalate, le scrocchette e le fatate, patate fritte homemade in declinazione classica (con sale marino e maionese), rossa (con paprika dolce e salsa bbq), rosa (con lime e pepe rosa) e bianca (con cacio e pepe). Mentre le birre Baladin fanno da eco. Una dozzina alla spina. Le altre in bottiglia o in lattina (sì, ci sono pure le Pop). Da non perdere? La Isaac, bianca, agrumata e speziata; la Wayan, con bergamotto e spezie; e la Nora, d’ispirazione egizia, con zenzero e mirra. Anche se da incensare sono pure la Rock’n’Roll, decisamente pepata e luppolata; la Mama Kriek, con amarene selvatiche, e la Elixir, figlia dei lieviti usati per gli Islay whisky. E per i wine lowers? La Lune e la Terre, invecchiate nelle botti dei grandi vini bianchi e rossi italiani. Oppure la serie delle Xyauyù, le “birre da divano” della cantina di Teo.
La teoria Teocentrica
Open Milano è però solo un satellite del complesso sistema planetario mussiano. In questo caso generato da un incontro orbitale con Bosco. È infatti a Piozzo il centro gravitazionale del mondo Baladin. Piozzo, in provincia di Cuneo, faccia a faccia con le Langhe del vino. Dove tutto ha avuto inizio. E dove tutto procede: fra la Birreria Le Baladin, Casa Baladin e Open Garden Baladin, il grande parco (con cascina) vocato alla birra e alla convivialità. Poi? Ci sono tutti gli altri locali satelliti: da Cuneo a Torino, da Saluzzo a Cortemilia, da Jesolo a Bologna, sino ad arrivare a Roma, a Essaouira (in Marocco) e a New York. Non dimenticando di prendere il volo: all’Aeroporto di Caselle. Dove la scorsa estate ha preso il via una birreria-hamburgeria nell’area partenze. Uno spazio easy, il cui design trae ispirazione proprio dalla più patriottica delle Baladin beer: la Nazionale. Proposta alla spina, insieme alle Open Gold, Amber e White. Protagoniste (queste ultime due) del Birramisù e del Birramigiù. Tiramisù dalla luppolata attitude.
Eppur non finisce qua. Lo scorso novembre mister Musso ha aperto una nuova insegna nella Dotta city. Esattamente all’interno di Fico, la Fabbrica Italiana Contadina. Un brewpub che è pure storytelling e storydoing dell’ars brassicola. Grazie a un birrificio, con sala cottura e cantina di fermentazione, destinato alla produzione della birra Baladin per Fico; un’area didattica, per meglio conoscere materie prime, produzione e tecniche di degustazione; un pub, con dieci spine e hamburgeria annessa, dove poter assaporare persino la tartare di razza piemontese by La Granda nel panino; un beer shop, dove trovano spazio sessanta birrifici-ambasciatori della birra italiana indipendente e artigianale; e i campi dimostrativi (in fase di allestimento), pronti a ospitare luppolo e orzo distico primaverile. Perché, come dice Teo: se la “birra è terra”, qui si va “dalla terra al bicchiere”. Rigorosamente il Teku, iconico calice baladiniano: griffato Rastal e nato dall’incontro fra Teo e Kuaska, esperto assaggiatore che ha collaborato al progetto.
Le visioni (g)astronomiche di Renato
E Bosco? Fermo non sta di certo. E la sua “foresta” di locali s’infittisce. Pur mantenendo il suo nucleo ben saldo a San Martino Buon Albergo. L’headquarter del pizza-ricercatore, patron di Saporè, spazio bipolare nel quale la più estroversa takeway zone dialoga con una più intellettuale sala tasting. Pensata per concentrarsi sulle tante forme della pizza. Il che significa la PizzaCrunch e quella DoppioCrunch, l’Aria di Pane e la Mozzarella di Pane (un panino che viene immerso nell’acqua di governo della mozzarella, per poi essere cotto al vapore, tagliato al top e farcito), l’aromatica Bagel Pizza e la classica tonda senza lieviti aggiunti. Proposta pure da Saporè DownTown, a Verona. Scaligera città che ospita anche Saporè StandUp e PizzaCaffè La Torre. Per un colto street food.
Ma Renato è costantemente in movimento. E recentemente ha "lanciato" un satellite torinese. È lui infatti - insieme a chef del calibro di Pietro Leemann e dei Costardi Bros, nonché a mastri birrai e a fuoriclasse della mixology quali Salvatore Romano e Luigi Iula di Barz8 e Punto di Vista - uno degli attori di un progetto avanguardista, polifunzionale e polifonico come Edit. Edificio industriale sublimato in new concept dallo studio Lamatilde, in tandem con l’imprenditore Marco Brignone. Un Eat Drink Innovate Together che si sviluppa su due piani (e su oltre 2.400 metri quadrati), mettendo al centro la condivisione. Di idee, esperienze, momenti e persino strumenti. Basti pensare che le quattro Kitchens al primo piano sono intese come un lab culinario, messo a disposizione di produttori, professionisti, startup e società di catering; e che la Brewery al pianterreno può divenire campo di sperimentazione aperto a homebrewers, gipsy brewers, beer firms e ristoratori. Insomma, parola d’ordine sharing. E non solo al ristorante - dove un tavolo conviviale corre intorno alla cucina-atelier per 22 coperti -, ma anche al Pub - che vanta un bancone lungo 25 metri per una cinquantina di commensali - e al Bakery Café, entrambi regno dei piatti green by Leemann e dei lievitati di Renato. Brioche incluse.