“Qui il lusso non sta nel decoro. Qui il lusso sta in quello che si tocca. Non abbiamo pensato a intonaci da abbellire. Ma a un bello da fruire. Perché alla fine è la luce, non l’interior design, a creare l’atmosfera”, spiega l’architetto Giovanni Musica. Siciliano, originario di Vittoria, founder dello studio MGALab e “sarto” del neonato Bioesserì, in Porta Nuova. Fratello (non minore) dell’altro locale milanese (nel cuore di Brera) e del primogenito palermitano. I tre “figli” dei Borgia bros, Vittorio e Saverio, che in questa avventura contano anche su un nuovo socio: Federico Della Vecchia, che rimane executive chef del gruppo. Così come executive director resta Giacomo Cannici. Della serie, squadra vincente non si cambia.
Qui però cambia l’allure. Sempre più coerente con la genuinità, la naturalità e la sostenibilità ambientale. Anche perché l’idea di riciclo, riutilizzo e non scarto parte dal luogo stesso. Un deposito lasciato a se stesso e ora rinato. Per capire, basta leggere le parole di Musica, incorniciate su una parete della sala principale. Una sorta di monito al recupero dal titolo “Non mi abbandonare”: “Non importa quanto brutto, vecchio o rotto sia, un edificio racconta una storia ed esprime un potenziale. Questa è la prima cosa che dobbiamo cercare in un luogo”. E Musica ha voluto che fosse il luogo a parlare. Lo ha messo a nudo. Lo ha spogliato. Svelandone la bellezza autentica. E riconsegnando alla città uno spazio urbano capace di destare meraviglia. In ogni angolo. In ogni dettaglio.
Materia, dunque. Ruvidissima e liscissima. Poverissima e nobilissima. Cemento e ceramica, vetro e legno, velluto e corda, ferro e ottone. E poi marmo: verde Guatemala per il pass della grande cucina a vista; verde Alpi per il tavolo ovale e conviviale che arreda il corridoio-garden, impreziosito da ampie finestre e da una flora rigogliosa. “Sì, ho voluto lavorare con piante vere”, precisa Giovanni, indicando un ficus bonsai e una sterlizia, posizionati in un salotto che vanta un soffitto alto sei metri. “Questo camino invece l’ho recuperato da un’antica villa di Arese. Non è più funzionante ma lo trovo bellissimo”, continua l’architetto.
E bellissimo è tutto l’ambiente. Che ha i suoi highlights. Vedi il maestoso bancone che occupa l’ingresso, dando forma a un bio cocktail bar; e vedi pure le eburnee e smeraldine ceramiche griffate Scianna, artigiano di Bagheria; le sedute by Calligaris, Unopiù e Dialma Brown; e le lampade di Prandina, Marset, Buzzi & Buzzi. “Ma è un lusso democratico. Chi entra qui può scegliere dove sedersi. A seconda del suo stato d’animo”, puntualizza Musica. “Il locale si fa portavoce di un modo di vivere attento al rispetto dell’ambiente e della salute. Chi sceglie Bioesserì sceglie anzitutto uno stile di vita e noi lo accogliamo in un ambiente caldo, confortevole e green”, ribadisce Vittorio.
E la cucina concorda col senso green del luogo. Rendendo onore a ingredienti biologici e selezionatissimi. Per dar forma a piatti dallo spiccato timbro mediterraneo. Viste anche le radici ischitane dello chef Della Vecchia. Pur concedendo qualche accenno esotico. Voilà gli sfizi: mini maritozzi con hummus e mortadella e con spuma di parmigiano; arancinette con burro, alici e fiori di zucca; e crocchette di patate con provola e prosciutto crudo. E poi, gli antipasti: melanzana alla parmigiana di baccalà; tartare di manzo con avocado, olive, pomodorini, coriandolo e lime; frisa alla caprese con mozzarella di bufala, pomodoro, basilico e origano; carpaccio di ombrina con pomodorini, peperoncini verdi, marinatura ai ricci, lime ed erbette; e brioche allo zafferano con sarde, pinoli, finocchietto e uvetta. Per un incontro ravvicinato fra Palermo e Milano. Metropoli che parla chiaro, esprimendosi nel risotto con l’ossobuco.
Tanto il sole del sud torna a farsi sentire: spaghetti i tre pomodori (a crudo, in salsa ed essiccati); linguine ai ricci di mare con battuta di pomodoro, mandorle ed erbette miste; gazpacho di pomodoro con burrata e salsa di crostacei; e tagliatelle con burro di aringa, sgombro affumicato al pepe, limone e caviale di salmone. Per una sfumatura più nordica.
Limone. Che, insieme a lime, arance e pompelmi, sublima persino in elemento d’arredo. Regalando nuance solari alla sala. Limone che finisce nell’agnello fricassè, corredato di erbette di campo. E che, in versione salsa, abbraccia la rana pescatrice alla mugnaia. Complici insalata di patate schiacciate, peperoncini verdi, rucola, pomodorini, olive e fiori di capperi. Mentre è la salsa olandese a completare i gamberi rossi e i calamari scottati alla griglia; ed è la salsa mornay ad accompagnare le uova florentine, con spinaci, erbe miste e crostini di pane.
E le pizze? Non si distraggono dai diktat e seguono la medesima filosofia. Frutto di lunghe lievitazioni e della farina bio di tipo 1 by Petra - Molino Quaglia. Anche se si possono scegliere due impasti alternativi: a base di farro monococco bio e gluten free. “E nel weekend proponiamo pure impasti speciali”, ricorda lo chef Federico. Pizze cotte nel forno elettrico di nuova generazione Neapolis, targato Moretti Forni. In bellavista, come la cucina.
Ecco allora la focaccia farcita con squacquerone, prosciutto crudo e rucola; e le pizze classiche, fra le quali spicca la “Margherita con bufala a crudo”, fiordilatte, pomodoro pelato e olio extravergine di oliva nocellara del Belice. Ma ecco anche le pizze più gourmand, come “La pomodorino giallo”, con parmigiano, acciughe del Cantabrico e stracciatella di burrata; “L’Isola”, felicissima summa di fiordilatte, bufala, pomodorini, rucola, prosciutto crudo e scaglie di parmigiano; “La Nerano”, con fiordilatte, provolone del monaco, zucchine fritte, menta, basilico e scorzetta di limone; e “La Identità”, presentata a Identità Chicago nel 2017 e fiera di inanellare mozzarella di bufala, salsa di pomodoro di Pachino, pecorino e basilico. “Ormai è diventata un nostro cult”, dicono Vittorio e Saverio.
Nel calice: gli organic wine di maison quali la trevigiana Pizzolato e della trapanese Rallo. Che fa volteggiare lieve nel bicchiere il suo “Bianco Maggiore”: un vino-inchino all’airone migratore, che sverna fra le saline di Marsala. Dove crescono le uve grillo che danno origine a questo nettare luminoso ed elegante.
Ma oltre ai vini ci sono i cocktail. Nati da spirits, sherbet e succhi biologici. Come il “Trinacria”, forte e determinato, a base di vermouth, gin, amaro alle erbe e marmellata di arancia amara; e il “Ciuri”, compendio agrumato e floreale di vodka, lime, cordiale alla lavanda e sciroppo di zucchero. “Questa vetrina è tutta dedicata alle referenze bio”, spiega il giovane bartender Andrea di Prinzio. Illustrando gli scaffali, pronti a esibire alcune etichette biologiche dall’azienda altoatesina Walcher: dal vermouth bianco “Sole e Luna” a quello dry “Mezzanotte”, passando per il bitter “Venticinque” e il gin e la vodka “Biostilla”. E per chi vuol essere bio e brioso? Il “Biofrizz”, un drink alcol free a base di succo di agrumi, melagrana, centrifuga della casa e ginger ale.
Bioesserì è in via Amerigo Vespucci 11. Ed è aperto dal lunedì al giovedì, dalle 12 all’1 di notte; dal venerdì alla domenica, dalle 12 alle 2 di notte.