Due giovani. Classe ’83 il primo. Annata ’84 il secondo. Di Torre del Greco l’uno. Di Modena l’altro. Non profeti in patria, ma in Toscana. In provincia di Lucca per restringere la geolocalizzazione. Anzi, nel cuore della Versilia per la precisione. A Querceta - frazione di Seravezza - l’uno. A Forte dei Marmi l’altro. Sono separati da una manciata di chilometri Gennaro Battiloro e Valentino Cassanelli: patron della pizzeria che porta il suo cognome apostrofato Gennaro; executive chef dell’hotel Principe Forte dei Marmi nonché chef del ristorante illuminato dall'astro Michelin Lux Lucis Valentino. Due personaggi diversi, eppur accomunati da una passione per i lievitati. Tanto da esser stati premiati fra le “giovani stelle” della dodicesima edizione (che conta 1.024 insegne, di cui 85 pizzerie, raccontate rigorosamente online) della Guida Identità Golose 2019. Battiloro come “Miglior chef pizzaiolo” e Cassanelli per “Il miglior cestino del pane”. Un premio, in entrambi i casi, firmato Petra - Molino Quaglia, realtà atestina da sempre sintonizzata sull’eccellenza.
“È un grande traguardo, ma pure un punto di partenza. Ora non resta che lavorare, lavorare, lavorare”, dichiara Gennaro sul palco della grande sala dell’Excelsior Hotel Gallia. Mentre sulla pagina facebook scrive: “Piedi per terra e cuore a mille”. Perché Gennaro è così: uno che si emoziona e che sa emozionare. Un gladiatore senza corazza, armato solo di sani principi. Un ragazzone tutto d’un pezzo, con i capelli ossigenati e le braccia tatuate. Mentre le mani sono libere di impastare e la mente è sempre pronta a volare. Per cercare nuovi lidi, nuovi orizzonti e nuove frontiere. Dove far crescere idee. Da bravo Petra Selected Partner qual è. “Nella vita ho girato il mondo e ho imparato tanto. Soprattutto da Franco Pepe. Ma poi rileggo tutto attraverso il mio sguardo. Ogni cosa la adatto a me. Perché quello che faccio mi deve raccontare”.
E quello che fa lo racconta appieno. A partire dal nome del suo locale, Battil'oro, che esibisce i "Tre Spicchi" delle Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso e vanta pure una sorta di equazione-claim: Fuochi + Lieviti + Spiriti. Tre addendi che vanno di pari passo con tre colori: il rosso, anzi il “rossallo”, per dirla con un neologismo che ben ritrae passione e calore; il giallo oro, ribattezzato “orottone”, del grano e del sole; e il grigio-argento - il “grigento” - dell’esperienza, della materia e della solidità. “Anche se l’oro e il corallo, come materiali preziosi, vogliono pure rammentare il lavoro artigiano dei miei antenati di Torre del Greco”, precisa Gennaro. Che intanto accende i fuochi: quelli dei due forni a legna, ma pure quelli della cucina. Che qui non manca. E che rende onore al fritto partenopeo - complici crocchette di patate e frittatina di pasta -, alle linguine di Gragnano con vongole veraci, bottarga e limone e pure ai paccheri con pomodorino del piennolo del Vesuvio, alici del Mar Cantabrico, olive taggiasche, capperi e sabbiatura di pane.
E i lieviti? Si traducono in pizze straordinarie. Napoli style per capirci, ma figlie di impasti indiretti, di lunghe lievitazioni e maturazioni e delle farine Petra 3 e 9 (e un po’ di Special). Impasti in grado di condensare tutta l’energia esplosiva di Gennaro. Che sa trasformare persino la memoria in farciture esperienziali. Come accade per la pizza con fagioli rossi di Lucca, cozze e chips di parmigiano reggiano di 18 mesi. Giusto a ricordare la pasta e fagioli con le cozze di nonna Rita. “Lei, per abituarmi a tutti i sapori, usava pescare col cucchiaino quello che preparava, per sporcarmi la bocca e farmelo assaggiare”, racconta Battiloro. Legatissimo a questo piatto dell'infanzia. Anche se creando non ha dimenticato il mais bollito e ’o brodo ’e purpo che i suoi parenti pescavano. Dunque: pizza con polpo di scoglio (bollito e scottato), maionese di mais e mela annurca.
Una pizza ideale da abbinare a un cocktail quale la Margarita on the rocks, griffata dal bartender Giuseppe Roglieri. Che sta alla regia degli “spiriti”. Preparando drink sartoriali, pensati su misura del commensale e delle pizze. Come ha già fatto per l’Americano Bianco - a base di vermouth secco by Mancino -, studiato per sposare la “Dry”, summa di lardo di Colonnata, pomodorino semi-dry, ravanello rosso e nocciole tostate. Mentre la “Margherita” va a nozze con l’Americano 2.0: mix di Campari, vermouth rosso amaranto di Mancino, liquore alla vaniglia e top di birra Tucher weizen. E per finire? Liquore artigianale al pomodoro del piennolo targato Alma de Lux, maison di San Giorgio a Cremano.
E a proposito di luce è lo chef del Lux Lucis Valentino Cassanelli l’altro premiato dalla guida di Identità Golose. E tutto il merito va al suo cestino del pane. Messo a punto in collaborazione con la giovane pastry chef (classe 1983) Giulia Venturelli. Guarda caso anche lei originaria di Modena e da cinque anni con le mani in pasta al Principe di Forte dei Marmi. Prima? Studi all’alberghiero di Rimini e una laurea in Scienze Gastronomiche all’Università di Parma. La galeotta città che l’ha condotta sino in Versilia. Dov’è approdato pure Valentino, dopo esser stato a Londra (alla Locanda Locatelli), a Milano (al fianco di Carlo Cracco) e in giro per il mondo. Insomma, due che le radici emiliane e le evoluzioni versiliane le hanno ben impresse in testa. Al punto da concentrarle nel cestino del pane. In un viaggio che dalla Versilia conduce a Modena. Risalendo la corrente che va dal mare alla pianura.
“Tutto è nato col menu degustazione focalizzato sulla via Vandelli”, spiega il riccioluto Cassanelli. Un menu pensato per prendere per mano il commensale e condurlo lungo la strada del ritorno nella modenese patria. Un tasting on the road che non esclude certo il pane. Anzi, lo rende partecipe di tutta l’esperienza. Servito com’è step by step. Quasi fossero fragranti tappe di immaginario itinerario, pronto a ripercorrere quell’antica via (commerciale e militare) voluta da Francesco IIII d’Este e progettata dal matematico di corte Domenico Vandelli, col preciso intento di assicurare uno sbocco al mare al Ducato di Modena. Della serie, quando il pane davvero “accompagna” un cammino gustoso. Che attraversa idealmente territori diversi, in un ideale arco temporale che va dall’alba al tramonto.
Si parte con un cracker lungo e sottile, rielaborazione crunch della marocca di Casola, una pagnotta Presidio Slow Food. Un inchino alla Lunigiana e all’Alta Versilia che contempla farina di mais, castagne, lardo di Colonnata, aglio rosmarino e peperoncino. Per poi proseguire con un grissino al parmigiano e limone. E via ancora, con un pane multicereali a foggia di girella, complici latte e burro. “A ricordare un po’ la colazione”, precisa Valentino. Non dimenticando un pane - tagliato a fette - a base di lievito madre e di un antico grano tenero locale quale il verna. “Ma aggiungiamo un po’ di Petra 1”, puntualizza lo chef.
Petra 1 - la farina macinata a pietra by Molino Quaglia - che entra pure nella preparazione di una focaccia-pagnottella in cui non mancano patate (e acqua di cottura delle patate) e farro della Garfagnana affumicato in casa. Il tutto corredato di burro alle acciughe e polvere di amarena. “È un po’ come essere su una collina e vedere Modena da una parte e il mare dall’altra”, commenta Cassanelli. Che presenta la pagnottella intera, suddivisa in quattro. Perché sta poi all’ospite il compito di spezzarla con le mani. ”Spesso il menu degustazione è unidirezionale. Lo chef prepara e il commensale assimila. Invece l’azione di condivisione del pane rende partecipe attivamente anche chi sta seduto”, commenta il cuoco.
Così come da mangiare con le mani è la tigella. L’arrivo a Modena, ma con nella testa ancora la Toscana: farcia di fegatini di anatra, cucinati alla maniera di quelli di pollo. Tigella che ovviamente compare solo nel caso in cui il commensale scelga di percorrere la “Via Vandelli”. “Ma anche chi opta per uno o due piatti della carta ha l'opportunità di assaporare il cestino con quasi tutti i pani”, aggiunge Valentino. E chi ordina le penne cotte nella salsa di pomodoro? Se le vede impiattare in sala con corredo di basilico, extravergine, grattugiata di parmigiano o di ricotta salata a piacimento, e pane dedicato alla scarpetta. Complice un impasto a fermentazione spontanea… dell’acqua di pomodoro. “Comunque siamo solo all’inizio, dobbiamo lavorare ancora tanto sulle fermentazioni e sul lievito madre”. Si sa, Valentino ama andare piano. Ma molto, molto lontano.
Foto delle premiazioni della Guida Identità Golose by Brambilla-Serrani: nella prima, il gruppo di tutti i premiati; nella seconda, Gennaro Battiloro è con Chiara Quaglia, amministratore delegato del molino estense; nella terza, la pastry chef Giulia Venturelli e il restaurant manager Sokol Ndreko sono con Piero Gabrieli, direttore marketing di Molino Quaglia
Foto ritratto di Gennaro Battiloro by Carlo Baroni
Foto di Valentino Cassanelli e dei suoi pani by Lido Vannucchi