La bravura di uno chef? Si misura dalla sua capacità di tradurre un’idea in cibo. Di trasformare l’immaginario in materia. E viceversa. Ma pure dal saper guardare sia il proprio giardino sia l’erba del vicino… territorio. Dall’osservare con sguardo panoramico (ma profondo) le tante eccellenze del made in Italy. Per poterle conoscere e plasmare con abilità e un tocco di genialità. Come ben sa fare Enrico Gerli: una stella Michelin a I Castagni di Vigevano, radici in Lomellina e occhi puntati con curiosità al mondo che gli sta intorno. Quello più prossimo e quello più distante. Per esempio? Quello piemontese, confinante col Pavese, e quello toscano, che è invece qualche chilometro più in là. Due regioni, Piemonte e Toscana, protagoniste di una cena ad altissimo profilo enologico e culinario. Complici il Barolo e il Brunello di Montalcino. Di otto produttori diversi. E complice pure un ristorante che, nella campagna vigevanese, ha un piacevole respiro francese.
Il sound dei Castagni
“Sono un cuoco bevitore. Appassionatissimo di vino. E un grande estimatore sia del Barolo sia del Brunello”, confessa Enrico. Che prima di affermarsi come chef è diventato sommelier. E prima ancora di essere sommelier stava per laurearsi all’Università Statale di Milano - in Scienze e Tecnologie Alimentari - e diplomarsi all’ottavo anno del conservatorio. Sì, Enrico suonava il pianoforte. “Ne ho ancora uno a coda in casa. Ma è tutto scordato”, ammette mister Gerli. Che certo non dimentica il suo passato da artista ma che ora concentra mani e testa su pietanze che vanno in perfetto accordo con gusto ed equilibrio. Del resto, tanto nella musica quanto nella cucina, è tutta una questione di armonia. E la magia sta nel leggere alla perfezione le note del pentagramma enogastronomico, per poi riuscire a interpretarle in maniera magistrale. E pure a presentarle in un “concerto da camera”. E il salotto, anzi i salotti de I Castagni hanno l’accoglienza nell’anima. Un relais di campagna arredato con stile, in cui i tappeti dialogano con arredi in legno, quadri, specchi e tessuti preziosi. Una maison avvolgente, dove Enrico e la moglie Luisa - perfetta cerimoniera di sala - accolgono gli ospiti con uno speciale savoir-faire. All’ombra di castagni secolari.
Di robiola e di ribollita
“La mia cucina? È moderatamente creativa”, spiega Gerli. Che, tra l’altro, è socio onorario dei Jre - Jeunes Restaurateurs e fa pure parte di Chic - Charming Italian Chef. Un’alta cucina borghese la sua: sofisticata quanto basta, sartoriale ma anche emozionale. Una cucina che mixa sapientemente terra e mare, nobiltà e ruralità, astice e storione, oca e orto di stagione. Non dimenticando certo la cipolla di Breme e i fagioli borlotti di Vigevano, la zuppa pavese contemporary style - con crema parmentier di porcini, spezzatino di funghi, uovo fondente, parmigiano cremoso e aletta di pollo croccante -, nonché la Lomellina’s cheesecake: offella di Parona, semifreddo di mascarpone all’amaretto e gelato di riso nero al latte di mandorle. Uno chef eclettico. Capace anche di rielaborare i piatti classici di Piemonte e Toscana, sposandoli perfettamente con i calici protagonisti della serata barolobrunelliana, organizzata in collaborazione con il team di WineZone e prequel di un appuntamento novembrino di scena a Milano.
Ecco allora pietanze all’altezza delle due autorevoli “B” del vino. A partire dai tradizionali antipasti piemontesi in taglia small: battuta di fassona, tonno di coniglio, vitello tonnato, lingua in salsa verde e spumosa robiola alla monferrina, mantecata ai peperoni. Per poi continuare con il risotto carnaroli in bianco con tartufo e sugo d’arrosto - inchino personale a un grande chef del passato come Nino Bergese -; con i tortelli ripieni di ribollita al sugo di lampredotto rosso e pecorino di Pienza fondente; nonché con la porchetta (di cosce) di faraona, disossate e arrostite, accompagnate da carciofi e patate all’alloro e rosmarino e salsa al Vin Santo. E per finire? Torta morbida al cioccolato e nocciole piemontesi, gelato al panforte di Siena, crema al latte di mandorle e limone. Per un incontro ravvicinato delle due regioni in un unico dessert. Il solo a venir “esonerato” dal pairing con i due austeri rossi. Per duettare invece col Moscato firmato Scuropasso, maison dell’Oltrepò Pavese. Mentre Gerli apre il suo armadio dei bas armagnac di Yvan Auban. Ne conserva di variegate annate. Anche parecchio datate. E intanto svela una prossima apertura nel cuore di Vigevano. Il locale? Si chiamerà Quantum.
Poker d’assi docg
Barolo e Brunello. Serviti in coppia. In simultanea, due a due. Uno nel calice a destra, l’altro in quello di sinistra. E così via per quattro volte. Con l’accortezza di non esaurirli subito, ma di saper aspettare. “Perché il degustatore ideale è quello che ha pazienza”, precisa Andrea Zarattini di Wine Zone, presente al wine dinner insieme al socio Emanuele Varino (mentre il terzo elemento del team è Stefano Pancera). “Vogliamo far capire che non è sempre necessario bere Barolo e Brunello vecchi. Si tratta solo di un retaggio culturale. Questi vini sono ottimi anche se sorseggiati giovani”, prosegue Zarattini. Che punta invece l’attenzione sul terroir delle diverse etichette. Perché se le Langhe sono un variegato puzzle di vigne, anche Montalcino si difende bene in quanto a differenti esposizioni. “Poi non bisogna dimenticare che vi sono vari cloni di nebbiolo da Barolo. Tre per la precisione: il lampia, il rosé e il michet”, puntualizza Andrea. Così come il sangiovese, a seconda della zona, regala profili “brunelleschi" diversi.
Voilà la Barolo sfilata. Tutta all’insegna della vendemmia 2013. Il Corini-Pallaretta by Le Strette di Novello: fresco, vivo e di carattere, dalle nuance floreali di rosa e violetta. Coraggioso, schietto e complesso invece il cru “La Serra” di Alberto Voerzio, che a La Morra lavora nel pieno rispetto della natura, convinto che il vino si faccia in un grande vigneto. Dalla spiccata personalità anche il “Badarina” di Bruna Grimaldi (una delle Donne del Vino): intenso, robusto e strutturato. Figlio di vigneti a Serralunga d’Alba. Infine, il “Ginestra” di Paolo Conterno, a Monforte d’Alba. Un Barolo elegante e potente, dalle note speziate, minerali e balsamiche. Un Barolo longevo. Ma apprezzabile anche quando è junior.
E poi c’è la passerella dell’ilcinese Brunello. Annata 2012. Ecco dunque quello del Podere La Vigna: caldo, intenso, sensuale e setoso, dagli accenni di tabacco e sottobosco. Ed equilibrato e rotondo è pure quello targato Cava d’Onice, rubino e brillante portatore sano di un buon bagaglio aromatico, fatto di sentori di prugna e mirtillo. E il Brunello “Assunto” di Bellaria? È indubbiamente un fuoriclasse della categoria. Fiero di mutuare il nome dal nonno di Gianni Bernazzi (l’attuale titolare), che impiantò il vigneto (a 500 metri di quota) anni e anni fa. Per un vino di gran classe. Così come pieno e morbido è il Brunello di Montalcino targato Corte dei Venti. Dai tannini robusti ma gentili.
Un assaggio di quello che sarà la manifestazione Barolobrunello. Che decolla alle Officine del Volo il 18 e 19 novembre. Con oltre 50 cantine da scoprire.