“Il nome? È di certo originale, ma vuole soprattutto sottolineare come qui tutto sia autentico. E venga prodotto in casa. Dal pane alla pasta, dal gelato alle confetture, dai gel alle granite, dal fondo bruno alle riduzioni, dalle bisque alle spume”, racconta Fabio Titone, spiegando il perché e il percome di quella scritta sull’insegna del suo ristorante: All’Origine. Che se vuol giocare con estro e creatività, di certo punta dritto alla genuinità. E pure a un ambiente schietto e sincero, capace di mescolare sfumature vintage e accenni di modernità, legno e ferro battuto, specchi e cassette di vino, chiaro e scuro, luce e ombra, giù e su. Dove se ne sta un soppalco. Nella milanese (e tranquilla) via Alfonso Lamarmora, fra Crocetta e Porta Romana.
Ne vanno orgogliosi lo chef patron Titone ed Erica Caputo, giovane maître di sala. “Anche gli arredi, piano piano, li abbiamo concepiti tutti noi. Trasformando il locale che c’era prima in un ristorante che è a nostra immagine e somiglianza”, dice fierissimo Fabio: millesimo 1994, mamma romagnola, papà siciliano e natali a Torino. Poi? Una formazione all’alberghiero (a Piazza dei Mestieri), l’ingresso a Venaria Reale, passando per le cucine del Dolce Stil Novo di Alfredo Russo, e l’approdo al Refettorio Ambrosiano. Sino alla decisione di aprire un’attività in prima persona. Per mettersi totalmente in discussione. Andando alla verità della materia prima. “Certo, quando ho un po’ di tempo libero giro, cerco e vado a conoscere nuovi produttori. Senza dimenticare di ascoltare il feedback dei commensali. Perché è fondamentale il loro parere”.
Uno attentissimo all’ingrediente Fabio. Che pesca il pesce dal mercato ittico di Milano, predilige l’olio extravergine Carpineto (maison vinicola e olivicola di Greve in Chianti) e sceglie il vialone nano essiccato sull’aia dell’azienda agricola Melotti di Isola della Scala, in provincia di Verona. Un riso di eccellenza, figlio di una lavorazione artigianale che si nutre dei raggi del sole e di tempi di asciugatura piuttosto lunghi. “Si tratta di un riso unico e delicato. Lo devi conoscere bene. Devi sapere i suoi punti di forza e di debolezza. E, una volta sul fuoco, non lo puoi mai abbandonare. È un riso che non perdona. Se lo sbagli lo sbagli”, precisa Titone. Che non lo sbaglia. E prepara un ottimo risotto con gel di zafferano, gorgonzola e scampi flambé. Le pianure lombardo-venete scompigliate dall’onda tiepida del Mediterraneo. Nel calice? Un dorato, aromatico e luminoso Viognier toscano, griffato Le Lupinaie, realtà maremmana di Montiano.
E tiepido è anche il cappuccino di baccalà con spuma di patate. Servito rigorosamente in tazza, con corredo di frollino. Naturalmente salato, impreziosito da pepe e pecorino. Ideale in tandem con il riesling alsaziano A. Zirnhelt 2018. Un vino minerale, fruttato e scattante. Ad hoc per iniziare con grinta la cena. Anche se fra gli antipasti spiccano pure i fiori di zucca ripieni di gamberi di Mazara del Vallo con porri croccanti, caprino e pinoli; e la tartare di chianina su ossobuco arrosto con caviale di aceto balsamico e gelato al parmigiano reggiano. “Amo dare dei ritmi ai sapori”, sottolinea lo chef. Che lavora diplomaticamente col freddo e col caldo, col tenero e col croccante.
Una sua grande passione? Fare la pasta. “In cucina ho La Monferrina Dolly. Con otto trafile in bronzo. Per realizzare gigli, maccheroncini, paccheri, linguine, reginette, spaghetti, caserecce e gnocchetti. Perfetti per il minestrone”, racconta Titone. Che intanto mette in carta spaghetti alla barbabietola - elegantemente rosé - con crema di pecorino e pancetta; gnocchi di ricotta su crema di piselli e vongole; e ravioli ripieni di bollito al profumo di lime, con olio extravergine e parmigiano reggiano stagionato 24 mesi.
Bollito che torna. Non bollito. Si tratta infatti di una guancia di vitello cotta a bassa temperatura per un giorno intero, nappata col Nebbiolo e corredata di spuma di patate (o gel di peperoni, per dare una sferzata di acidità) e chips di polenta. Un piatto reso superbo dall’accompagnamento con la Barbera d’Asti Superiore 2017 “Le Croci” by Neirano. Un Barbera di gran nerbo, intensa e profonda.
E per chi preferisse il mare? Voilà polpo in doppia cottura con salsa verde concassé di pomodori e granita al lime; e branzino cotto e crudo su confettura di datterini, carciofi e gelato alla barbabietola.
Gelato alla barbabietola che compare anche nel dessert. Per dar conferma a una sostenibile circolarità culinaria. E appare accanto a un cioccolato in doppia consistenza. Mentre il semifreddo alla salvia abbraccia una confettura di albicocche e il babà al rum Zacapa dialoga con frutti di bosco e crema alla vaniglia. Limoncello homemade al seguito. E come pre dessert? Cheese e game: selezione di formaggi - freschi e stagionati - con divertissement di glasse e riduzioni. “Ne preparo una anche alla Coca-Coca”, puntualizza Fabio.
Fabio che non trascura di andare anche alle radici della tradizione. Dedicando una parte della carta ad alcuni must della cultura milanese e italiana. E non dimentica di andare anche in fondo al mare, per proporre scampi, gamberi, ostriche, ricci e fasolari nudi e crudi. Totalmente al naturale. Due invece i menu degustazione proposti: quattro portate a 40 euro; e cinque corse a 50 euro. Entrambe a mano libera. A cui si aggiunge la possibilità di un aperitivo gourmand a 25 euro, che include tre assaggi e una flûte di bollicine. Da notare: l’ampia scelta di nobili vini al calice, grazie alla complicità del Coravin. “Io nel frattempo sono al secondo livello del corso di sommelier”, commenta Fabio. Che vuol sempre andare alla fonte delle cose.
Aperto a cena tutti i giorni. A pranzo, dal lunedì al venerdì.
Foto di Simona Bruno