L’abito non fa il monaco. Ma fa fare bella figura. Perché un vestito su misura è un biglietto da visita importante. Così come la wine e drink list di un locale è lo specchio dell’anima e del linguaggio di quel locale. Lo sa bene Obicà, insegna dalla spiccata personalità. Nata anni fa dalla felice intuizione di Silvio Ursini e poi evoluta. Sino a contare ventiquattro “siti” nel mondo. Tutti diversi, tutti unici e tutti iconici.
Un brand capace di esprimere la propria identità anche grazie a una nuovissima carta dei vini e dei cocktail. Semplice ma intelligente. Pensata per orientare e guidare al meglio il commensale. Una selezione chiara e trasparente, di facile lettura, proposta nei locali italiani e londinesi, che porta la firma di Mauro Mattei: fine wine specialist per Ceretto e prima ancora wine director del tristellato Piazza Duomo di Alba. Una carta elogio ai diversi terroir del Bel Paese. Che spazia da nord a sud, rinnegando la solita suddivisione in bianchi, rossi, rosé e bollicine, per credere e tener fede a un percorso più narrativo, immaginifico e comunicativo. Accendendo i riflettori sulla naturale predisposizione delle differenti etichette.
Ecco allora che nella session “Effervescenza” spiccano gli esuberanti Valdobbiadene Prosecco Superiore Bortolomiol e il Trentodoc “Maximum” Brut di Ferrari. Nella “Freschezza” fanno sfoggio di gioventù, dinamicità e buona acidità il Colli Tortonesi Timorasso “Diletto” di Pomodolce, il Lugana “Prestige" di Cà Maiol, il Gewürztraminer di Taschlerhof, il Vermentino di Mazzei e il Grillo “Rocce di Pietra Longa” by Centopassi. Nel capitolo “Tipicità” invece si fanno avanti i grandi cult, legati al genius loci, come il Barolo e il Barbaresco di Ceretto, il Chianti Classico by Isole e Olena, nonché il Nero d’Avola di Cusumano. Mentre i “Fatti per la Pizza” sono pensati per sposare le belle ovali e lievitate (a lungo) di Obicà, preparate con le farine griffate Molino Quaglia: Unica e Petra 3 per la declinazione classica, e Petra 9 per quella integralissima.
Voilà i vini simpatici alla pizza: il piemontese "Blangè" di Ceretto, un bianco delle Langhe che va a tutto arneis; il campano Fiano di Avellino di Ciro Picariello; il toscano “Belguardo" di Mazzei, summa di sangiovese e syrah; il Lambrusco (salamino) di Modena “Albone” del Podere il Saliceto; il Cerasuolo di Vittoria (da uve frappato e nero d’Avola) di Cos e il maremmano Ciliegiolo di Antonio Camillo. Quasi tutti caratterizzati dal segno “green" del fiore. A indicare il loro essere sostenibili e rispettosi dell’ambiente.
Certo, perché in carta (accanto ad ogni etichetta) non solo sono indicati annata, nome, produttore e provenienza, ma pure l’indole dei vini. Che possono essere “intramontabili” (distinti dal papillon), quale il “Leone d’Almerita” (in prevalenza catarratto, pinot bianco, sauvignon blanc e traminer aromatico) della Tenuta Regaleali di Tasca d’Almerita, e la Ribolla Gialla di Ronchi di Cialla; oppure audaci, arditi, coraggiosi, estremi ed “eroici”, segnalati dal fulmine. Vedi il Rosso di Valtellina (100% chiavennasca) di Arpepe, la Falanghina Campi Flegrei di Agnanum e il Blanc de Morgex et de la Salle della Cave Mont Blanc de Morgex et la Salle. Inno al vitigno autoctono valdostano prié blanc.
Ma non finisce qui. Visto che anche la drink list è intrigante e curiosa, siglata dal mixologist Felice Loprieno. E, ovviamente, non mancano i cocktail made for pizza. Infatti, oltre al nome del drink, all’intensità, alla categoria (bitter, sour, fruttato e a basso contenuto calorico) e al bicchiere utilizzato (coppa, tumbler basso, highball e calice), sono suggeriti i piatti da abbinare. Per il perfetto pairing.
Così, la pizza con prosciutto cotto, carciofi, mozzarella e casatica di bufala, olive e origano sta bene col “Campari Spritz”; la pizza con bufala dop, pomodoro bio e basilico incontra volentieri l’originale “Improved Sicilian Coke”, con amaro Averna, Biancosarti e Thomas Henry Bitter Lemon; e la pizza con verdure e mozzarella di bufala affumicata viene conquistata dal “Free & Fizz”, analcolico swing di cetriolo, limone, lime, arancia e ginger ale. Drink ideali anche con le “pizzette” to share proposte per l’aperitivo.
E gli schiaffoni? Esigono il “Risciò”, con Aperol, Biancosarti e Crodino. Mentre è il “Pepper Daiquiri” (rum bianco, Frangelico, albume, ananas, lime, zucchero e pepe rosa) ad andar d’accordo con l’insalata di bresaola di tonno; e il “Negroni Sbagliato” (Campari, vermouth rosso Cinzano 1757 e Prosecco) ad andar dritto verso i tagliolini al tartufo nero. I fritti parlano invece un buon “Americano” e i salumi prediligono il “Bittersweet Paloma”, con Campari, tequila blanco Espolòn, succo d’arancia, sciroppo d’agave e soda al pompelmo rosso. E la millefoglie di ortaggi? Chiama all’appello il “Wild Summer”, con ananas, lime, infuso ai frutti di bosco e cedrata. Infine, col tiramisù, un buon “Grand Shakerato”, compendio di Campari, Grand Marnier e bitter al cioccolato.
Last but not the least un’accurata collection di gin italiani abbinati alle toniche. Per Gin & Tonic dai tagli sartoriali. L’agrumatissimo Malfy Gin con Limone (distribuito da Compagnia dei Carabi), figlio del ginepro italiano e del limone sfusato amalfitano, prende per mano la Fever-Tree Mediterranean tonic water. Che abbraccia piacevolmente pure il Panarea Sunset Gin (con infusi di limone, arancia, ginepro, pompelmo e mirto). Mentre il Panarea Island Gin (con mirto, ginepro e coriandolo) viene valorizzato dalla Fever-Tree Elderflower. E l’erbaceo O’Ndina Gin (prezioso del basilico ligure della varietà grande verde di Genova) corre con la floreale Thomas Henry tonic water. Questione di feeling.