Con gesto sicuro taglia il salame gentile. Lungo un metro e mezzo. “Ma in genere lo preparo di una sessantina di centimetri”, precisa Luigi Bellini. Che mette a punto salumi tailor made. Nella sua azienda agricola Al Berlinghetto. A Berlingo, in piena campagna, tra la Franciacorta e la Bassa Bresciana. “Oltre a essere un lavoro è una grande passione. Nata un po’ per caso e un po’ per scherzo”, spiega Luigi, alla guida della realtà norcina. Complice il supporto della compagna Paola e della sorella Sonia. Un piccolo spaccio che, via via, passo dopo passo, si è ampliato, sino a divenire produzione. Anche in funzione della valorizzazione di quel migliaio di suini allevati - a un paio di chilometri dall’azienda - da papà Gabriele. Seguendo la filosofia della sostenibilità, visto che gli animali vengono nutriti con il mais e i cereali delle coltivazioni di proprietà. Per una filiera cortissima e una tracciabilità assoluta.
A completare l’opera? Una lavorazione colma di attenzione. “Anche al sole, alla pioggia, al vento e all’umidità. Perché il salame il cima lo sente, eccome”, commenta Luigi. Che utilizza esclusivamente sale marino, spezie ed erbe aromatiche. Per poi insaccare il tutto in budello naturale. Assicurando la massima qualità. Secondo tradizione, ma non solo. Perché a Luigi piace sperimentare. “Adesso sto provando a mettere a punto una mortadella al bambù, avvolta da foglie di bambù. Non so se il risultato mi darà ragione”. Ma intanto Bellini junior ci prova. A cimentarsi con una musica che non sia solo quella classica. Creando salumi rock. Come il “lonzalardo”, carrè prezioso del suo lardo e della sua cotenna. Un prodotto che non viene insaccato (al pari della lonza), bensì appeso (come un prosciutto).
O come il “capocollo”, Poco speziato, aromatizzato con vino rosso e ricavato dai muscoli dorsali del maiale. In pratica, la parte che vien dopo la coppa.
Mentre il “salame alla birra” fa sentire il suo suono dolce e delicato al palato; il “salame affumicato” sorprende per il suo tono più determinato; e il “salam nell’ola”, ovvero sotto grasso, si esprime in note decisamente più morbide. Dovute al suo lungo riposo all’interno di anfore. E il “Salame del Berlinghetto”? È la star della maison, figlio di una duplice macina. I tagli più nobili vengon fatti a cubetti, mentre spalla e pancetta sono passati al tritacarne.
Non dimenticando la “rosetta”, dalla foggia panciuta e tondeggiante; il “Guanciale baciato”, incontro di salame e guanciale; e la “lonza con salame”, un duetto perfettamente riuscito. Per prodotti dalla forte identità.
Prelibatezze che non passano certo inosservate. Sia nel caso che si vada giù, in cantina - per ammirare norcine stalattiti - sia nell’ipotesi che si rimanga su, al pianterreno di una cascina dal concept contemporaneo. Uno spazio moderno, poliedrico e al contempo essenziale. Dove acquistare (il venerdì e il sabato, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 20), ma anche degustare (il venerdì e il sabato, a partire dalle 17.30). Sì perché qui, in via Esenta 7, i salumi sono i veri protagonisti. Ben distesi al fresco, lungo i banconi a tema (suddivisi in stagionati, carni fresche e prodotti da pentola), oppure appesi in bella mostra a una parete. Quasi fossero un quadro.
E anche la procedura di acquisto è all’avanguardia. In modalità online; “guidati e serviti” per chi ama il contatto diretto; e in quella “self”, declinata in pezzo intero, trancio sottovuoto e vaschetta. Per una spesa easy e smart, in un luogo che molto somiglia a un museo.
Rimane il fatto che vi siano dei must da assaggiare. Vedi il “prosciutto sgambato” (anche maturato per un poker di anni), la cui peculiarità è quella di stagionare senz’osso. Oppure il “fiocco sgambettino”, prodotto con la sola noce della coscia e la sua cotenna. Per un prosciutto crudo in taglia small.
E che dire della linea dei cotti? Che sono un altro cult del Berlinghetto. A partire dalla "mortadella", preparata con spalla, gola e trippini di suino. Per poi passare alla “spalla cotta”. Un po’ diversa da quella di San Secondo, ma altrettanto interessante. Dal colore rosato, dal gusto speziato e rigorosamente insaccata e legata a mano. Ottima sia fredda che calda. Mentre il “culatello cotto” si distingue per la sua nobile aura. Perché ottenuto disossando e rifilando a mano la coscia di maiale, e mantenendo solo il cuore del prosciutto. “L’ultima nata è invece la pancetta stufata”, puntualizza fiero Luigi.
E dopo i cotti? Voilà i prodotti da cuocere nella pentola. Come il terzetto clericale: “prete”, “monsignore” e “vescovo”, da benedire in acqua calda a fuoco lento. Per tre ore il primo, per tre ore e mezza il secondo e per cinque ore il terzo. Realizzato con lo stinco di suino il prete; con lo spolpo di testa e cotenna il monsignore; e con lo stinco di suino e la pasta del cotechino il vescovo. Forti di una speziatura a base i chiodi di garofano, cannella, macis e coriandolo. E per chi ama i sapori profondamente rock: "osso dello stomaco con sopressa". Una specialità succulenta. Ideale da accompagnare con una giardiniera artigianale, nonché con le mostarde di ciliegie, pesche, albicocche e castagne griffate dall’azienda Emilio Stroppa (di Pumenengo, nella Bergamasca). Focaccia alla mortadella e pane allo speck al seguito.
E i vini? Se selezionati correttamente non possono che esaltare le delizie berlinghettiane. Eclettiche anche nel loro accostamento enologico. E la conferma è avvenuta nel corso di una degustazione che ha visto sulla tavola le etichette di Casa Paladin. Una maison - capitanata dai fratelli Roberto, Carlo e Lucia - che ha porte e finestre spalancate su quattro zone vitivinicole italiane: in Veneto, in Friuli, in Lombardia e in Toscana.
Dunque, Prosecco millesimato brut by Bosco del Merlo, la tenuta di Pravisdomini, in provincia di Pordenone. Uno spumante dal fine perlage. Fresco, fragrante, vivo, brillante, nato da uve glera e pronto a esprimersi fra nuance fruttate e sfumature floreali di glicine e acacia.
Ma buoni compagni al calice sono pure il Sauvignon Blanc “Turranio”, sempre di Bosco del Merlo, nonché il Rosso Riserva “Vineargenti”, siglato dalla doc Lison Pramaggiore. Un uvaggio di merlot e refosco dal peduncolo rosso. Ossia un vitigno internazionale e uno locale. Per un vino glocal, pieno e profondo, morbido e avvolgente, nato da una vendemmia tardiva e manuale, cresciuto prima in barrique (di diversi legni e tostature) e poi in botti di rovere, e infine affinato per un anno in bottiglia.
Un rosso importante, come lo è del resto il Chianti Classico Gran Selezione docg “Madonnino della Pieve” della Premiata Fattoria Castelvecchi, la finestra su Radda in Chianti di Casa Paladin. Un cru colto ed elegante, figlio di uve sangiovese in purezza, coltivate nel vigneto Madonnino, uno dei più antichi in Chianti. Che si distende davanti alla pieve di Santa Maria Novella in Castelvecchi.
E per chi ama le bollicine? I salumi del Berlinghetto ben sposano i Franciacorta della tenuta Castello Bonomi, avamposto paladiniano nella bresciana Coccaglio. Fra gli highlights? Il “CruPerdu Grande Annata 2009”, una cuvée di chardonnay (al 70%) e pinot nero (al 30%) della medesima (e superba) vendemmia. Fatta in un vigneto che per tanto tempo il bosco aveva tenuto celato. Per un brut dai toni sublimi. Mentre il “Dosage Zéro" millesimato esprime la sua stoffa setosa e cremosa fra accenni d’agrumi e frutti bianchi. E la “Cuvée Lucrezia Etichetta Nera” - che se ne sta sui lieviti per almeno 70 mesi prima della sboccatura - fa sentire tutta la sua nobile struttura.
Un consiglio per il dessert: il “Soandre”, Verduzzo Passito by Bosco del Merlo. Un nettare dorato e solare, dalla dolcezza estremamente equilibrata.