“Questa è l’undicesima edizione. Ed è un po’ come se si chiudesse un cerchio e ci si prendesse la responsabilità di aprirne un altro”, dichiara Filippo Taricco, direttore artistico di Collisioni, il festival agrirock che torna ad animare la collina di Barolo fino al 16 luglio. “Sì, un festival voluto da quattro ragazzi di campagna che sognavano il rock’n’roll. Un festival nato dall’ostinazione di fare un evento dal respiro internazionale in un luogo agricolo. Un festival che da sempre è espressione di un territorio rurale, perché sostenuto dalle istituzioni ma anche da produttori di vini, formaggi, riso, nocciole”, continua Taricco.
Un festival libero da cliché, democratico, eclettico. Capace di farsi motore, ambasciatore e promotore di un’intera area. Non solo di Barolo. Che, intanto, si trasforma in un palcoscenico a cielo aperto. Anzi, sfodera quattro palchi, posizionati in altrettante immaginifiche piazze colorate: la Rossa, la Rosa, la Blu e la Verde. Mixando paesaggi e assaggi, attori e cantautori, scrittori e opinionisti, produttori e artigiani. “Il bello di Collisioni è proprio quello di poter ascoltare un momento prima un rapper e poco dopo un premio Nobel”, commenta Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte.
Una kermesse trasversale, le cui parole chiave sono convivenza, contaminazione, integrazione e commistione fra le arti e i saperi. “Ma Collisioni è soprattutto un festival in grado di creare forti relazioni. Con i giovani e con i meno giovani, con il qui e con il là, con la musica, la letteratura, il cinema, il vino e il cibo”, aggiunge Giovanni Quaglia, presidente della Fondazione CRT. Un festival glocal, che affonda le radici nell’hic et nunc, allungando i rami verso lo skyline dell’Italia e del mondo. Senza limiti e confini.
Una manifestazione lucidamente folle e dall’anima poliedrica. Che quest'anno vanta per logo una cassetta. Una di quelle vintage, col nastro da riavvolgere. Sul quale si registravano le musiche più disparate. Perché, al pari di una cassetta, Collisioni è un mixtape culturale, un collage di generi, una compilation di conoscenze. “Un festival in cui ciascuno può trovare la propria chiave di lettura”, commenta Taricco.
Una cattedrale, nel cuore delle Langhe. Che ha palchi per altari e che mette tutti d’accordo. In un tempo sospeso fra terra e cielo.
Nel nome del pane
Una cattedrale in cui non ci si dimentica di spezzare il pane. Protagonista ufficiale di una serata firmata Petra - Molino Quaglia, in programma venerdì 5 luglio, in Piazza Rosa, dalle 18 alle 2. Dal tramonto all’alba (o quasi). Un evento Bread Religion che santifica il pane. Anzi, il panino farcito, inteso come contenuto e contenitore di idee, come materia e immaginario. In grado di creare sinergie fra agricoltori e mugnai, panificatori e chef, esperti lievitisti e contemporanei musicisti.
La merenda sinoira ha il vento in Poppa
Pane. Come relazione, evoluzione, trasformazione. Da cibo pop a cibo rock. Capace di ruggire e di farsi sentire. Grazie al contributo di sette grandi cuochi italiani. A partire da Fabio Poppa, resident chef de Le Scuderie del Castello di Govone, in provincia di Cuneo. Autore di tutte le “basi” della serata, messe a punto utilizzando le farine del molino atestino. “I colleghi mi hanno comunicato il loro pensiero di farcitura e io ho cercato di realizzare impasti che stessero bene con gli ingredienti”, puntualizza Fabio. Che griffa in prima persona la “Merenda Sinoira”.
“In Piemonte è per tradizione la merenda che tende alla cena. L’antesignana rurale del più urbano apericena. Una merenda agricola, che si tiene tra le 17 e le 19, e comunque sempre prima delle 20. Ritmata da salame, frittata, pane, cipolla bagnata nell’olio e vino Moscato”, racconta Fabio. Che inanella frittata di patate di montagna (per metà cotte al forno e per metà lessate) con uova e grana padano, maionese all’olio d’oliva e composta di cipolle di Andezeno al Nebbiolo. Il tutto contenuto in un panino a lievitazione mista con Petra 1 e Ottimais, profumato al burro e salvia. “Mais perché nella nostra regione c’è una vera e propria cultura del granturco. Utile nell’alimentazione umana, sotto forma di polenta, e in quella degli animali. Non trascurando l’utilizzo dell’amido di mais nelle cartiere. Nel mio ristorante i grissini al mais sono immancabili”.
Boer e il vitello piemontese che parla ligure
Patron del ristorante che a Milano porta la pronuncia (fonetica) del suo cognome [bu:r], Eugenio è pronto a saldare il Piemonte di Barolo con la Liguria della sua infanzia, trascorsa a Sestri Levante. Dando voce a “Un vitello un po’ ligure”. “In un festival come Collisioni c’è bisogno di semplicità. Di qualcosa che vada dritto a pancia e cuore. Così ho pensato a un vitello tonnato che incontra una focaccia ligure. Un vitello tonnato da passeggio, che sa star per strada”, spiega Eugenio. Nello specifico: un magatello di vitello, cotto a bassa temperatura, che sposa una salsa tonnata, messa in maniera generosa e preparata con tonno, uova sode, capperi, acciughe e vino bianco. Il tutto coronato da una focaccia realizzata con Petra 3 e farina di grano tenero germinato. Per un maggior apporto di fibre, vitamine, proteine e sali minerali.
Roncoroni: come se fosse l’America
Sempre dall’urbe lombarda giunge Eugenio Roncoroni, frontman dell’insegna cult Al Mercato. “A Bread Religion porto il Cuban Sandwich, che ho in carta al Burger Bar. Dove amo contaminare e proporre gli street food del mondo. Come questo, nato Oltreoceano e poco conosciuto in Italia. Un burger rock, che dà soddisfazione. Però lo presento in una versione più leggera. Con la punta di petto di manzo al posto della pancia o della spalla di maiale”, racconta Roncoroni: papà milanese e mamma di San Francisco. Americana, come l’origine di questo sandwich, un tempo consumato dagli operai cubani, al lavoro nelle fabbriche di sigari di Key West, in Florida. Praticamente, il corrispettivo del pane e mortadella dei nostri muratori. Dentro, due carni: brisket di manzo, lasciate marinare, stracotte e sfilacciate; e prosciutto di Praga, tagliato sottile. “Una volta preparate le unisco e le passo un momento sulla griglia, per creare croccantezza. Poi aggiungo cetrioli pickled, sott’aceto. Li preparo io, adoro fare le conserve. Servono a sgrassare e a dare un tocco di acidità. Infine, metto un po’ di senape di Digione, una salsa che è il nostro marchio di fabbrica e una vigorosa fonduta di cheddar, giusto a far da legante. Del resto, noi non andiamo mai per il sottile”. A tener saldo il ricco ripieno? Un morbido pan brioche Petra 1 addicted.
Tomino e acciughe vanno alla Mecca
È invece l’integralissima Petra 9, unita alla semola rimacinata di grano duro, a dar vita a un pane che fa da scrigno al “Tomino e Acciughe” by Alessandro Mecca. Direttamente dallo Spazio7 di Torino, all’interno della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. “È un panino a cui sono affettuosamente legato. Lo mangio sempre alla festa della Sacra di San Michele, in Val di Susa. Alcuni miei amici hanno un chiosco proprio sotto l’antica abbazia. Io il tomino lo schiaccio per ricavarne una crema, cui conferisco un sentore piccantino, grazie alla senape. Per poi arricchire il tutto con qualche acciuga sotto sale. Un panino freddo, molto appetitoso”, spiega chef Mecca.
Larossa fa la fassona in rosa
Petra 9, ma in tandem con Bonsemì (per un effetto crunch), anche per il burger di Andrea Larossa, patron stellato del ristorante di Alba in cui ci mette faccia, cuore e cognome. Andrea, che colma il suo panino con roast-beef di fassona e salsa aioli. “Fassona perché è la carne principe del piemonte. Però utilizzo il taglio vocato al vitello tonnato, ossia il magatello. Lo faccio rosolare un po’, poi lo metto sottovuoto con le erbe aromatiche di Langa: tarassaco, nepitella, santoreggia, salvia e rosmarino. Fatte essiccare e frullate. Poi cuocio il tutto in un bagno termostato per sei ore a 57°C. Da ultimo, taglio il roast-beef, che rimane di un bel colore rosa, e unisco una salsa aioli preparata con latte di soia, aglio, cipolla ed altre erbe”, puntualizza Andrea.
Visciola e il vento del Marin
E Marco Visciola? Lui che se ne sta a Il Marin, guardando il Porto Antico di Genova, propone l’onda pungente e incessante del mare. Concentrata nella “Focaccia Sgombrock”: un panfocaccia, realizzato con le macinate a pietra Petra 1 e Petra 9, cui fa da complice lo sgombro. “Lo scotto sulla sua pelle, dopo averlo impreziosito con zucchero di canna e sale affumicato. E lo abbino a zucchine trombetta alla scapece, con erbe liguri come basilico e maggiorana. Mentre la parte cremosa e acida la dà la prescinseua, la nostra tipica cagliata”, spiega Marco. Che, per l’estate, tiene anche le redini del bistrot Anciôa, su una terrazza di Eataly. Proponendo inni all’acciuga e “I magnifici 7”: sette piatti iconici e immancabili, devoti al mare.
Oberto: un twist sulla tradizione
Semplice (ma non troppo) il panino di Francesco Oberto, che in quel di Cherasco vanta un ristorante stellato degno del suo nome: Da Francesco. Che in realtà esibisce un logo con una F alla seconda e che è ospitato nelle sale affrescate del palazzo dei marchesi Fracassi Ratti Mentone. A Bread Religion? Crede nel “Cotto e Formaggio”. “Si tratta di un panino provocatorio. Uso la spalla di maiale cotta e affumicata del salumificio emiliano Antica Foma. La disosso e la riduco in crema. Ma lasciandola un po’ grezza, in modo che si percepisca al morso. Poi, con una formaggetta di capra faccio un’altra crema. E frullo pure il tuorlo d’uovo marinato. Per completare il tutto con la scorza grattugiata del limone. Per creare i giusti contrasti”, precisa Francesco. Che racchiude tutto in una ciabattina croccante, a base di Petra 9 e Petra 1, preziosa di farina di grano saraceno germinato.
Di latte, cacao e nocciole
In chiosa, i dolci. Firmati da un caffè storico torinese (millesimo 1858) quale Baratti & Milano. Celebre per la sua collection di caramelle dall’elegante tocco vintage, ma anche per i suoi cremini e gianduiotti, nonché per le sue tavolette di cioccolato. Figlie di selezionatissime varietà di cacao, lavorate con cura e interpretate anche in maniera creativa. Non dimenticando un must come la crema spalmabile alle nocciole (tonde e gentili), che ancora resta fedele un’antica ricetta della maison. E che, in occasione di Bread Religion, si converte a un soffice bocconcino al latte, realizzato con Petra 1.
Bollicine brillanti
Burger, sandwich, ciabatte, bocconcini e focacce dallo spirito local e global, in perfetta coerenza col mood di Collisioni. Fieri di raccontarsi, su e giù dal palco, attraverso i loro sapori e autori, intervistati da Paolo Vizzari. E fieri pure di interagire con drink e bollicine. Certo. Attori della dinamicissima soirée sono pure le finissime bollicine dell’Asti Secco. Sostenuto da un consorzio, tutelato dalla docg e caratterizzato da un tono fresco, fragrante, floreale e brillante. Uno spumante nato dalle uve moscato che ben s’abbina al mondo salato. Mentre è l’armoniosa aromaticità dell’Asti Moscato ad accordarsi con i dessert. Un vivace non-spumante dal basso tenore alcolico.
Cocktail "on the rocks"
Tanto, a rialzare i “gradi” ci pensano i cocktail firmati dai mixologist di Compagnia dei Caraibi, azienda di Vidracco (ma la sede operativa è a Colleretto Giacosa) che dispensa merci e idee a elevato tasso d’eccellenza. Una realtà versatile, attiva nell’importazione e distribuzione di spirits premium e super premium (e pure di soft drink), provenienti dal mondo e dal Bel Paese. Proprio come il Malfy Gin, con chiaro riferimento ad Amalfi e alla sua Costiera. Dove, agli inizi dell’undicesimo secolo, si dice che i monaci abbiano inventato il gin. Questo? È distillato in quel di Moncalieri dalla famiglia Vergnano (i mastri distillatori sono Beppe Ronco e Denis Muni) ed espresso in un poker di referenze che spaziano dall’Originale (con ginepro wild e acqua sorgiva del Monviso) a quella con i limoni sfusati (della Costiera, naturalmente), da quella con pompelmo rosa siciliano a quella con arance rosse siciliane. Un gin di grande appeal, dal timbro azzurro e solare.
Ma non mancano i bitter Rouge! white e red. Quest'ultimo perfetto con l'East Imperial grapefruit tonic water, oppure col Vermouth Riserva Carlo Alberto. La cui preziosa bottiglia - firmata da Assiolo (Gianluca Scolaro) - rievoca la cultura sabauda, rammentando le architetture di Torino e sintetizzando Art Déco e Art Nouveau, il colonnato della Gran Madre e la silhouette di Palazzo Madama.
E ancora, l'amaro Jafferson by Vecchio Magazzino Doganale. Un amaro rurale calabrese, virtuoso di bergamotto, origano, rosmarino e arance dolci e amare. E poi l'ammaliante amaro Mandragola, figlio di quindici erbe raccolte in Val Chiusella, nonché il liquore digestivo Salvia & Limone, custodito in una bottiglia da collezione. E ideale per un drink dalle note inedite.
Dj set, vocalist e percussioni
Panini d’autore, bollicine e drink che vanno a ritmo della musica live. A firmarla? I Diecicento35 - come il codice di avviamento postale del quartiere Mirafiori Sud di Torino -, con la presenza di Carola Rovito, Marco Bressello e Lorenzo Bulgarini. A seguire, la travolgente ironia del dj set siglato Tuttafuffa e l’aftershow Supalova targato da un maestro dell’house music come Joe T Vannelli. Con lui alla consolle: i Vannelli bros e Silvano Del Gado. Per ballare tutta la notte.
Un weekend a tutto wine & food
Un grand opening Bread Religion. Un party che dà lo start ad altre due intense giornate all’insegna del wine & food: sabato e domenica 6 e 7 luglio. Con il palco, allestito nel cortile del Castello di Barolo, pronto ad accogliere tasting, approfondimenti, momenti di intrattenimento, gemellaggi interregionali e chiasmi gustativo-musicali. Anche grazie alla partecipazione di vari consorzi: dell’Altalanga, del Chianti Classico, del Vermentino di Gallura, del Barbera d'Asti e Vini del Monferrato e del Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani.
Sempre presente la “casa” di Petra. Dove degustare altre specialità bread oriented. Ecco allora le fette di pane al mais profumate al burro e salvia, accompagnate dai friciulin (frittelle) di patate made in Piemonte; il pane rustico a base della “tuttograno” Petra 9, con filetto di fassona marinato e servito (freddo) con una crema di formaggi langaroli; e il pane al latte con la crema di nocciole di Baratti & Milano. Per una pausa di dolcezza.
Artisti e mostri sacri
Collisioni di generazioni e di generi: alimentari, umani e artistici. Anche perché molti sono i personaggi attesi nell’infuocato fine settimana di Barolo: da Jonathan Coe a Roberto Saviano, da Chuck Palahniuk a John Irving, da Vittorio Sgarbi a Emmanuel Carrère, da Stefano Accorsi a Luca Argentero, da Ornella Vanoni a Loredana Bertè, da Max Gazzè a Carl Brave, passando per Paola Turci, Nina Zilli, Daniele Silvestri, Maurizio Carucci (Ex-Otago), Ghemon, Il Volo, Diodato, Lazza, Al Bano, Mahmood e Måneskin.
Foto di Fabrizio Busso, Domenico Bruzzese, Carlo Carossio, Alessia Conte, Vincenzo Nicolello, Mirta Oregna, Fabrizio Porcu, Luca Rossetti, Thorsten Stobbe, Marco Varoli, Daniela Zedda